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che amando e sposando il nipote del cospiratore Giulente, lo avrebbe aiutato ad entrar meglio nelle grazie dei liberali.


IV.


― Oggi non si mangia?

Il principino moriva di fame. Da un pezzo l’ora del desinare non arrivava mai: un po’ mancava il duca, un po’ Raimondo, un po’ lo stesso principe; quel giorno eran fuori tutti e tre, più Lucrezia e Matilde. E il ragazzo era la disperazione di tutta la casa: correva su e giù dalla cucina alla scuderia, dalle stalle al giardino, inquietava la servitù vecchia e nuova intenta al lavoro. Come don Blasco aveva annunziato al Babbeo, tutti i servi protetti dalla principessa erano stati mandati via da Giacomo; invece i diseredati, quelli che per aver favorito il figliuolo avevano meritato l’avversione della madre, erano stati da questi riconfermati nel loro posto. Due sole eccezioni aveva fatto il principe: una a favore di Baldassarre e l’altra del signor Marco. Baldassarre, figliuolo d’un’antica cameriera, allevato al palazzo e assunto giovanissimo all’ufficio di maestro di casa, sapeva fin da bambino il debole della famiglia, le rivalità, le avversioni e le manìe; aveva perciò badato esclusivamente al proprio servizio, lodando tutti i padroni checchè facessero o dicessero, tenendo in riga i suoi dipendenti che osavano mormorare dell’uno o dell’altro. Per tanto madre e figlio l’avevano ben visto entrambi, e il legato della principessa non gli procurava il congedo del principe. Quanto al signor Marco, lancia spezzata della morta, molti si meravigliavano che il figlio, da due mesi capo della casa, non se ne fosse ancora sbarazzato. Veramente, fin da quando la principessa era caduta inferma, l’amministratore aveva mutato tattica, prendendo con le buone il principe nella previsione di doverlo presto servire; morta la madre, se non gli aveva proprio lasciato rubare il numerario, come diceva

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