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82 | Capitolo dodicesimo |
po’ sciancato, forse in causa di qualche capitombolo dalla cima di qualche altissimo albero.
Il giovane mias, che ormai si era affezionato ai suoi padroni, quantunque fosse sempre di umore triste, malinconico, come tutti quelli della sua specie, e che ormai passeggiava liberamente pel recinto senza mai allontanarsi, udendo la voce del veneziano abbandonò il casotto che gli era stato costruito e andò a guardare con curiosità le nuove venute.
Queste però, vedendoselo dinanzi, dapprima manifestarono una viva apprensione, poi sentendosi libere cercarono d’arrampicarsi su pel recinto per salvarsi nei vicini boschi, ma Sciancatello, da bravo guardiano, fu lesto ad afferrarle per la coda e a tirarle giù, annunciando la sua imminente collera con dei sordi grugniti; poi, per far loro capire che gli dovevano obbedienza, somministrò a ciascuna un calcio così magistrale, da farle piroettare due volte in aria.
— Bravo Sciancatello!... — gridarono i due marinai, schiattando dalle risa.
— Con tale maestro diventeranno docili ben presto, — disse il veneziano.
— Lo credete, signore? — chiese il marinaio.
— Ne sono certo e conto molto sulla loro docilità, per intraprendere la progettata spedizione sulla cima di quel monte.
— Per lasciarle qui in compagnia dello Sciancatello?
— Al contrario, Enrico; intendo di condurle con noi e di affidare loro una parte del nostro bagaglio. —
I due marinai scoppiarono in una omerica risata.
— Te lo dico sul serio, — disse Albani. — Le nostre scimmie ci seguiranno come portatori.
— Allora insegnerò loro a fare cucina, signore, — disse il mozzo.
— Per mangiare più peli di coda che zuppa! — esclamò il marinaio. — No, non voglio simili aiutanti. Piuttosto insegnerò loro a raccogliere legna secca pel fuoco.
— Ed a recarsi alla fontana a prendere acqua.