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Il pane dei Robinson 65

— Amici miei, — diss’egli, scoraggiato. — Temo di dover mancare alla mia promessa.

— Non trovate le vostre piante? — chiese il marinaio.

— Credevo di aver scorto dei sagu, ma invece mi sono ingannato.

— Ma che cosa sono questi sagu?...

— Degli alberi che nel loro interno contengono una specie di farina eccellente ed in grande quantità. Sono le piante più preziose, poichè da una sola si può ricavare tanto pane da nutrire un uomo per un anno intero.

— Terremoti di Genova!

— È come te la racconto, amico. Una pianta che chiede otto o dieci giorni di lavoro per trasformare la farina che contiene in pane, che produce trecento chilogrammi di fecola assai nutritiva, ossia milleottocento pani, e quattro o cinque di questi bastano pel nutrimento giornaliero d’un uomo.

Si è calcolato ciò che costerebbe il lavoro d’estrazione della fecola e della fabbricazione del pane e si è constatato che con tredici lire si può avere del buon biscotto per tutto l’anno.

— Ma dove crescono quelle piante prodigiose?...

— In tutta la Malesia.

— Se si potesse acclimatizzarle anche in Italia, più nessuno soffrirebbe la fame. Con cinque alberi ogni famiglia ne avrebbe abbastanza.

— È vero, Enrico, ma nessuno invece ha mai tentata la coltivazione di sagu nei nostri climi, mentre potrebbero forse svilupparsi benissimo nella nostra Sicilia.

— Ed è eccellente il pane di sagu?...

— Buonissimo, anzi si comincia a diffondere anche in Europa. Ora adoperano la farina granulata nelle minestre, ma verrà un giorno che vedremo anche il pane in commercio.

— E noi che ci troviamo qui, nei paesi dove quegli alberi crescono, non potremo averlo?... Mi dispiace, signor Albani. Sentivo il bisogno di aver un po’ di pane.