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54 | Capitolo ottavo |
Alle quattro tutte le punte erano già riunite fra di loro con numerose traverse. Allora cominciarono a riempire i vuoti adoperando i bambù più grossi, formando il pavimento della capanna aerea che rinforzavano con continue legature.
La notte li sorprese, mentre stavano collocando a posto gli ultimi bambù.
— Basta, — disse il signor Albani, che era madido di sudore. — In questa prima giornata abbiamo fatto fin troppo e non bisogna stremare le nostre forze. Per questa notte ci accontenteremo di dormire a cielo scoperto.
— È una costruzione ammirabile, signore, — disse il marinaio che era orgoglioso del lavoro fatto.
— Solida, leggiera e sicura.
— Non saliranno le tigri?
— Siamo a dodici metri dal suolo e non credo che con un salto possano giungere fino a noi.
— Ma.... ed il camino? Non s’incendierà la nostra capanna, cucinando quassù?
— Possiamo costruirlo con dei sassi; ma preferisco fabbricarlo nel recinto, Enrico.
— Ah!... Innalzeremo anche una cinta?
— Sì, per i nostri animali.
— Per quali animali? — chiese il marinaio, stupito.
— Per quelli che prenderemo, e costruiremo anche una uccelliera.
— Che possiamo prendere degli animali, sia pure, ma degli uccelli!... Volete fabbricare anche delle reti?..
— Delle reti no; ma ottenere del vischio, sì. Ho scorto un albero che ce lo darà.
— Lampi di Giove!... Io comincio a credere che su questa isola deserta ingrasserò!... Quanti Robinson c’invidierebbero! E dire che noi siamo sbarcati con una semplice scure e con due coltelli!... Signor Albani, se voi realizzerete tutte le vostre promesse, io non lascerò più quest’isola, nemmeno se venissero dieci navi a levarmi.
— Fra un mese, spero che non ci mancherà nulla. —