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34 | Capitolo quinto |
— Avanti, allora! —
Il marinaio s’appoggiò alla rupe inarcando il robusto dorso, il signor Emilio gli salì sulle spalle con un solo salto, poi il mozzo, che si era legata la fune attorno ai fianchi, s’arrampicò con un’agilità da scoiattolo, aggrappandosi ad una radice e puntando i piedi nudi entro un crepaccio.
— Ci sei? — chiese il marinaio.
— Salgo, — rispose il ragazzo.
Il signor Emilio balzò a terra e guardò in aria. Piccolo Tonno s’arrampicava sul fianco della rupe con rapidità sorprendente e con sicurezza, tenendosi stretto agli sterpi o alle radici ed approfittando delle più lievi sporgenze e delle più piccole fessure.
In pochi istanti raggiunse felicemente la vetta della grande rupe, la quale si addossava alla spiaggia.
— Che cosa vedi? — chiese il marinaio, impaziente.
— Tanti alberi e delle canne immense.
— Vi sono delle capanne? — chiese il signor Emilio.
— Non ne vedo.
— Lega la fune, poi gettala.
— Signor Albani!...
— Cosa c’è ancora?...
— Vedo delle scimmie.
— Non valgono il giupin1 ma allo spiedo basteranno pei nostri stomachi affamati, — disse il marinaio. — Giù la fune, ragazzo mio!... —
Il mozzo legò un capo del paterazzo attorno alla punta d’una roccia e gettò l’altro, il quale cadde in acqua.
— A voi, signore, — disse Enrico.
Albani afferrò la fune e si mise a salire con una destrezza che dimostrava come quell’uomo fosse famigliarizzato cogli esercizi ginnastici, e raggiunse il mozzo il quale ammirava estatico alcuni uccelli dalle penne splendidissime, che volteggiavano attorno agli alberi.
- ↑ Zuppa genovese.