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28 | Capitolo quarto |
— Abbiamo una scure e due coltelli.
— Che Robinson miserabili!... Crosuè aveva almeno delle armi da fuoco e la dispensa della nave.
— Ne faremo a meno.
— Vorrei vederti alla prova.
— Scorgo le sponde dell’isola, — disse in quell’istante Enrico.
Il signor Emilio ed il mozzo, aiutandosi l’un l’altro per mantenersi in equilibrio, s’alzarono in piedi.
L’isola non distava che cinque o sei miglia ed ora la si scorgeva perfettamente.
Pareva che non dovesse essere vasta, poichè la sua fronte non si estendeva per parecchie miglia verso l’est e verso l’ovest ed il suo monte s’alzava per tre o quattrocento metri, formando presso la vetta due punte dentellate a mo’ di sega.
Dinanzi alle spiagge si vedevano emergere delle masse oscure, probabilmente delle scogliere corallifere e attorno ad esse si vedeva l’acqua spumeggiare per un vasto tratto.
— La risacca sarà violenta laggiù, — disse il marinaio, — ma noi approderemo egualmente. Piccolo Tonno, lascia andare la scotta: cammineremo di più. —
La brezza, che era aumentata invece di diminuire, urtava la vela con una certa violenza, imprimendo al rottame delle brusche scosse. La tranquilla superficie del mare cominciava a rompersi e delle larghe ondate si formavano, correndo da ponente a levante.
Alle 4 del mattino, quando le prime luci dell’alba cominciavano a far impallidire gli astri, i naufraghi giungevano dinanzi alle prime scogliere dell’isola.
La risacca si faceva sentire violentemente. Le ondate e le contro-ondate si urtavano con gran furia, rompendosi e accavallandosi con lunghi muggiti e coprendosi di spuma.
Il rottame, scosso da tutte le parti, trabalzava disordinatamente, minacciando di rovesciare in acqua i naufraghi. Già il pennone e la vela erano caduti a causa di quelle spinte disordinate.