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Terra!... Terra!... 27

— Fa’ pure, ma bada di non cadere, — disse il veneziano, ridendo. Il pesce-cane ci segue sempre.

— Non lo temo più. —

Il marinaio gli gettò le braccia al collo, poi volgendosi verso il mozzo:

— Un abbraccio anche a te, mio Piccolo Tonno! — disse.

— Bada!... Mi fai abbandonare la scotta.

— La riprenderemo poi. —

E l’espansivo marinaio strinse al petto anche il mozzo.

Il rottame continuava a filare in direzione dell’isola, spingendolo il vento precisamente da quella parte.

Il picco pareva che di momento in momento s’alzasse sull’orizzonte. Quale terra sorgeva laggiù?... Era un’isola appartenente all’Arcipelago di Sulu e abitata, oppure una di quelle scogliere deserte che sono così numerose in quel mare?... Pel momento ai naufraghi poco importava il saperlo; a loro bastava di poter toccare quella terra per riposarsi e per dissetarsi, essendo certi di trovare un po’ d’acqua o per lo meno delle frutta.

Albani, tenendosi ritto presso il pennone di pappafico, guardava con crescente attenzione il picco che spiccava sempre più nettamente sull’orizzonte, il quale ormai cominciava a rischiararsi, approssimandosi l’alba. Pareva che cercasse d’indovinare a quale terra apparteneva.

— Vedete nulla, signore? — chiese il marinaio, che non poteva rimanere zitto.

— Nulla, — rispose il veneziano.

— Nemmeno un punto luminoso?

— No.

— Sembra vasta quell’isola?

— Non mi pare.

— Che sia deserta?

— Te lo dirò quando saremo sbarcati.

— Io la preferirei disabitata, signore, — disse il mozzo.

— Briccone! E come faresti a procurarti dei viveri se non possediamo un fucile?