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26 | Capitolo quarto |
— Fa ancora troppo oscuro per poterli distinguere, — rispose Albani, che li osservava con grande attenzione. — Dal loro volo pesante non mi sembrano nè procellarie, nè fregate.
— Si tengono sempre lontani dalle coste, questi volatili?
— Ordinariamente sì, perchè s’incontrano perfino a cinque o seicento miglia dalle isole e dai continenti.
— Allora quegli uccelli che fuggono verso levante saranno dell’Arcipelago.
— Possono anche essere emigranti, amico mio, e diretti chi sa mai dove.
— Signore!... — esclamò in quell’istante il mozzo, con voce rotta.
— Che cos’hai? — chiese Albani.
— Là!... là!... Guardate!...
— Dove?
— Dinanzi a noi!... Alzatevi in piedi!... —
Albani e il marinaio s’affrettarono a obbedirlo e scorsero, ad una grande distanza, emergere dall’orizzonte una massa oscura la quale spiccava nettamente sulle acque illuminate dalla luna.
— Un’isola!... — esclamò il marinaio con voce soffocata.
L’ex-uomo di mare non rispose. Colla fronte aggrottata, gli sguardi fissi fissi, guardava con profonda attenzione quella massa nerastra, che somigliava vagamente alla cima d’una montagna.
— Un’isola?... — ripetè il marinaio con crescente ansietà.
— Sì, — rispose finalmente il veneziano. — No... non possiamo ingannarci... la terra è là! —
Un grido di gioia irruppe dal petto dei due marinai:
— Evviva!... Evviva!... Grazie a Dio, noi siamo salvi!...
— Sì! — ripete Albani, che continuava a guardare. — Terra!... Terra laggiù!...
— Lasciate che vi abbracci, signor Albani!... — gridò il marinaio, che pareva impazzisse per la gioia.