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Terra!... Terra!... | 23 |
gionato sotto le pinne triangolari, ritornava verso l’albero per tentare un terzo e forse più pericoloso assalto. Nuotò fino a dieci passi dai naufraghi, s’inabissò un’ultima volta e rinnovando il colpo di coda balzò innanzi, ma andò a cadere proprio sopra l’albero il quale affondò sotto quell’enorme peso.
Il marinaio e il mozzo caddero in acqua, ma l’ex-uomo di mare si tenne fermo stringendo le gambe con suprema energia, poi pronto come il lampo, alzò la scure e la lasciò cadere con forza disperata sullo squalo che gli passava dinanzi.
Risuonò un colpo sordo e uno sprazzo di sangue schizzò in aria.
Il mostro agitò furiosamente la possente coda spezzando di colpo il pennone di pappafico che sporgeva dall’acqua e sparve, formando dietro di sè un risucchio spumeggiante.
— Ucciso? — gridarono il marinaio e il mozzo, che erano tornati prontamente a galla.
— Non lo credo, ma suppongo che ne avrà abbastanza per ora e che non avrà più voglia di ritornare all’attacco, — rispose Albani.
— E la scure?... Perduta forse?...
— No, Enrico; è un’arma troppo preziosa per non conservarla.
— Ma come mai quell’arma si trovava infissa nell’albero?
— Credo sia quella che fu adoperata dal nostromo. Mi ricordo che quando l’albero cadde, egli si era allontanato precipitosamente per non farsi schiacciare dal pennone di gabbia.
— Ma che non sia morto lo squalo?
— Ti dico che non oserà tornare.
— Mi premeva che fosse stato ucciso. Almeno avremmo avuto della carne in abbondanza.
— Più coriacea di quella di un mulo vecchio.
— Ma in mancanza di meglio poteva servirci, signor Albani. Oh!...
— Che cos’hai ancora?...
— S’alza la brezza.