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L’assalto del Pesce-cane 21

emergere a pochi passi di distanza, fissando su di loro due occhi rotondi, colla pupilla azzurrognola e l’iride verde-oscuro.

Una bocca enorme, semi-circolare, s’aprì emettendo un rauco brontolìo e mostrando una corona di denti piatti, triangolari, frastagliati, che si muovevano come se già gustassero la preda agognata.

— Ancora quel dannato pesce-cane! — esclamò il marinaio, impallidendo. — Ma che non ci lasci proprio più?

— Attenti alle gambe, — disse Albani.

— E alla sua coda, — aggiunse il mozzo.

Lo squalo, che doveva aver seguito il rottame colla speranza d’impadronirsi presto o tardi delle vittime, allungò il grosso capo appiattito verso l’albero, come se volesse conoscere più da vicino le prede e con un poderoso colpo di coda uscì più di mezzo dall’acqua.

I tre naufraghi, con un moto istintivo, pur tenendosi sempre a cavalcioni dell’albero, si gettarono indietro, aggrappandosi ai cordami del pennone di gabbia, il quale mantenevasi ritto, mentre l’altra metà trovavasi sommersa.

— Su le gambe, — gridò Albani.

— Fulmini!...

— S. Gennaro mandi un accidente a quel mangiatore d’uomini!...

— Attenzione!... —

Lo squalo stava per ritentare un assalto certamente più impetuoso del primo, poichè quei mostri, sebbene pesino cinque ed anche seicento chilogrammi, sono dotati d’una agilità straordinaria. Con un colpo della loro possente coda riescono a slanciarsi fuori dall’acqua per parecchi metri, ed una volta ne fu veduto uno toccare perfino l’estremità del pennone di trinchetto d’una nave negriera, per impadronirsi d’un cadavere che era stato appositamente colà sospeso. Gli occhi del mangiatore d’uomini tradivano un’ardente bramosia e la sua bocca si era aperta smisuratamente, illuminandosi di quella luce vivida e sinistra che simili mostri proiettano durante la notte. S’immerse un istante