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240 | Capitolo trentatreesimo |
Robinson continuavano a salire perlustrando i crepacci e rimuovendo i rottami della nave.
A un tratto incespicarono contro alcuni ostacoli che stavano ammucchiati entro un crepaccio.
— Terremoti! — urlò il marinaio, rimettendosi prontamente in equilibrio.
Delle voci lamentevoli risposero a quella esclamazione.
— Vi sono dei naufraghi qui, — disse Albani.
Alcune forme umane s’alzarono dinanzi a lui, emettendo dei gemiti.
— Coraggio, giovinotti, — disse il marinaio. — Vi è una scialuppa pronta a trasportarvi. Su, mille fulmini!... Saldi in gambe e attenti alle onde.
— Caballeros, — disse una voce.
— To’!... degli spagnuoli! — esclamò il veneziano. — Seguiteci!...
— Dei poveri tagali, signore, — disse la voce di prima.
— Tagali o spagnuoli, seguiteci, ma badate alle onde. Vi sono altri superstiti?...
— Mancano i chinesi.
— Enrico, incàricati dei chinesi se ne troverai ancora di vivi. Io mi occupo di questi poveri naufraghi. Affrettatevi o le onde vi porteranno via. —
Cinque persone si erano alzate e tenendosi per mano lo avevano seguito, scendendo con precauzione la scogliera. Il maltese e Piccolo Tonno li attendevano tenendo ancora accesi due grossi rami di giunta-wan’.
Il veneziano e i naufraghi salirono nell’imbarcazione. Solamente allora i Robinson s’accorsero che quei miseri strappati alle onde non erano tutti uomini: vi erano tre ragazze, un giovinotto e un vecchio.
— Conducili alla sponda, — disse Albani al maltese. — Io vado a visitare la scogliera. —
Spinse la scialuppa al largo e raggiunse il marinaio, il quale frugava tutti i crepacci, gridando a piena gola.
— Hai trovato nessun altro? — gli chiese.