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I segnali fra l'isola e lo scoglio | 233 |
mento, pericolo alcuno. Filava come una rondine marina, lasciandosi portare da quelle masse liquide e spumeggianti, tenendosi a due o trecento passi dalla linea dei frangenti.
— Presto, presto, — diceva Albani, che vedeva l’uragano ingrossare a vista d’occhio, e che di quando in quando veniva inondato dall’acqua. — Lasciate andare la vela. —
Già le coste dell’isola erano perfettamente visibili, quando il marinaio, volgendosi verso l’est per misurare la distanza percorsa, vide sul fosco orizzonte due punti biancastri che parevano correre dal sud al nord.
— Due uccellacci o due vele? — si chiese egli. — Guarda laggiù, Marino, tu che hai gli occhi più acuti di me. —
Il maltese si volse, fissando i suoi sguardi che potevano sfidare i migliori cannocchiali, sui due punti indicati.
— Sono due grandi vele, — disse poi.
— Un altro tia-kau-ting, forse? Non ci mancherebbe altro che un nuovo attacco dei pirati, ora.
— Guarda bene, Marino, — disse Albani.
— Mi sembra, dalla forma delle vele, che quella nave sia piuttosto una giunca, — rispose il maltese.
— Ti pare che si avvicini all’isola?
— Sì, tenta di poggiare verso queste coste.
— Che siano pirati, signore? — chiese Enrico.
— Le giunche ordinariamente sono montate da marinai chinesi. Se fossimo nel golfo del Tonchino, si potrebbero avere dei dubbi; ma le giunche che navigano in questi mari esercitano un onesto traffico.
— Che l’uragano ci mandi altri compagni? Sulla nostra isola non vi sono porti che possano servire di rifugio.
— Forse quella nave spererà di trovarne. Se quei marinai troveranno modo di sbarcare, non avranno da lagnarsi di noi. Badiamo alla nostra scialuppa intanto: il mare ingrossa e minaccia di farci passare un brutto quarto d’ora. —
Non distavano allora che due miglia dall’isola, ma le onde, trovandosi strette fra la costa che era assai dirupata e la