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232 | Capitolo trentaduesimo |
— Ieri sera, poco prima del tramonto.
— Ma dove?
— Si era arenata presso i vivai delle testuggini. Potete immaginarvi quale fu la mia disperazione nel trovarla rovesciata, e quale la mia gioia quando scorsi i tre fuochi accesi su questo scoglio. Non dubitai più che foste voi e mi affrettai a rispondere.
— Avevi veduto il fuoco acceso due sere or sono?
— Sì, signore, e mi ero assai spaventato, temendo che dei pirati stessero per approdare alla nostra isola. Quanto sono felice, signore! Vi credevo perduti e invece trovo un compagno di più.
— Anche tu mi perdoni? — chiese Marino.
— Se ti hanno perdonato il signor Albani ed Enrico, vorresti che non ti perdonassi io?... Orsù, abbracciami: sei dei nostri, un Robinson italiano anche tu, ma... e il tuo compagno? Eravate fuggiti in due.
— Ti narreremo tutto più tardi, Piccolo Tonno, — disse Albani. — Affrettiamoci a lasciare questo scoglio o correremo il pericolo di naufragare un’altra volta. —
Un ritardo poteva infatti riuscire loro fatale, poichè le onde continuavano ad alzarsi e il vento a crescere, mentre larghi goccioloni cominciavano a crepitare sulla superficie del mare.
Abbandonarono senza rimpianti quel vulcanello, dove avrebbero corso il pericolo di fare la fine dei naufraghi della Medusa senza quelle ostriche provvidenziali, e presero il largo mettendo la prua verso la costa orientale dell’isola.
Albani si era rimesso al timone, Enrico a prora per meglio vedere i frangenti, e Piccolo Tonno ed il maltese alla vela.
L’oscurità cresceva di momento in momento. Il sole era già scomparso dietro ai densi nuvoloni e quantunque fossero appena le dieci del mattino, pareva che cominciasse ad annottare.
Fortunatamente il vento era favorevolissimo e la scialuppa, ricevendo le onde a poppa, non correva, almeno pel mo-