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224 | Capitolo trentunesimo |
che testuggine o per lo meno qualche buca ripiena d’uova di quei rettili.
Ma le sue ricerche riuscirono infruttuose. Si scorgevano bensì sulle sabbie delle tracce recenti, ma non una testuggine emergeva sulla riva.
Risalì le rocce e visitò i burroncelli, sperando di trovare almeno qualche pianta utile, ma non riuscì a vedere che cespugli semi-intristiti, delle piante rampicanti quasi disseccate e degli sterpi. Abbondavano invece le lave, le pomici, specialmente in una valletta che risaliva verso la cima del cono.
Avendo trovato un vero torrente di lava raffreddata, ma che non sembrava tanto vecchia, servendosi d’una grossa pietra spezzò le diverse croste e s’accorse, che a una certa profondità, quella lava conservava ancora un certo calore.
— Che cosa fate, signore, — chiese Enrico, che aveva terminato la sua raccolta. — Sperate di trovare qualche tesoro sotto quelle pietre?
— No, guardavo se fra queste lave vi fossero delle sostanze minerali che potessero giovarci.
— Dell’oro, forse?
— No, del ferro.
— Ne avete trovato?
— No, Enrico, ma ho fatto una scoperta curiosa.
— E quale, signore?
— Ho trovato delle lave che conservano ancora un certo calore.
— Delle lave eruttate da questo vulcanello?
— Sì, Enrico.
— E ancora calde! — esclamò il marinaio, con stupore. — Ma allora non è un vulcano spento.
— Se il cratere più non esiste, dev’essere spento.
— Ma noi non lo abbiamo mai veduto eruttare, signore.
— Può essere spento da venti, da cinquanta, fors’anche da cento anni.
— Ma se dite che le lave sono ancora calde!... Dovrebbe