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Il maltese 201

— Ma è vero che la Liguria è stata incendiata? — chiese egli, con un singhiozzo.

— Sì, — rispose Albani con voce grave. — Voi avete commesso un’infamia che ha costata la vita a quasi tutto l’equipaggio.

— Ma no, signore! — esclamò il maltese. — Harry mi aveva giurato d’aver dato fuoco a pochi stracci imbevuti di petrolio per spaventare l’equipaggio e impedirgli di darci la caccia.

— E invece aveva dato fuoco alla dispensa per scatenare un incendio tremendo e far saltare la nave.

— Allora quell’infame ha mentito!... Signor Albani, Enrico, vi giuro sulla memoria di mia madre che io non ho acceso quel fuoco e che Harry mi aveva ingannato. Ma... dunque... è saltata la Liguria?...

— Con tutto l’equipaggio.

— Allora impiccatemi: voi ne avete il diritto.

— No, la terra dei Robinson italiani non si macchierà d’un delitto: ti portiamo il perdono. —

Il maltese si era precipitato alle loro ginocchia, piangendo. Il marinaio e il veneziano lo rialzarono, dicendo:

— Non se ne parli più; tutto è dimenticato.

— Grazie signori: io sarò, d’ora innanzi, il vostro schiavo.

— No, schiavo, ma nostro amico. Seguici alla scialuppa.

— No per di là, — disse il maltese con terrore, vedendo il veneziano scendere in direzione della capanna. — Là vi è Harry.

— Lo abbiamo veduto. Dimmi: è morto da molto tempo?

— Da sette giorni, signore.

— Di che cosa è morto?

— Mangiando un pesce.

— Lo avevo sospettato.

— Io mi ero recato nella foresta per cercare delle frutta, non avendo ormai più nulla da porre sotto i denti, e Harry si era recato alla spiaggia per cercare delle ostriche. Quando ritornai, lo vidi rotolarsi per terra in preda a dolori atroci.