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Una triste scoperta | 195 |
— Devono avere laggiù la loro capanna, — disse il veneziano. — Quella punta è la più meridionale dell’isola.
— Ah! sono laggiù, — disse il marinaio, aggrottando la fronte. — Canaglie!... Sono curioso di vedere quale cera assumeranno vedendo le loro vittime.
— L’isolamento e la lotta per l’esistenza li avranno domati, Enrico.
— Non lascerò la mia cerbottana però, e al primo atto offensivo, vi giuro, signor Albani, che invierò due frecce avvelenate a quei traditori. —
La scialuppa fu diretta verso quel segnale, il quale sorgeva a fianco d’un fitto macchione di alberi altissimi. I due naufraghi aguzzavano gli sguardi, sperando di veder apparire sulla spiaggia i due traditori, ma invano.
Solamente degli anhinga stavano appollaiati sulle scogliere, come uccelli che nulla hanno da temere.
— Che se ne siano andati? — disse il marinaio. — Se quei volatili, che sono ordinariamente così diffidenti, rimangono là, vuol dire che non ci sono abitanti su quella costa.
— Lo sapremo presto, — rispose il veneziano, che pareva un po’ contrariato.
In pochi minuti la scialuppa superò la distanza e si arenò entro un piccolo seno riparato da una scogliera corallifera.
La legarono ad una punta rocciosa, s’armarono delle cerbottane, non sapendo quale accoglienza avrebbero potuto ricevere e sbarcarono. Le prime cose che caddero sotto i loro sguardi furono i rottami d’una scialuppa: un pezzo di poppa, un pezzo di chiglia e un pezzo di fasciame su cui stava ancora dipinto, in lettere rosse: Liguria-Genova.
— Sono adunque naufragati? — si chiese il veneziano.
— Così deve essere, — rispose il marinaio. — Le onde hanno infranto la loro scialuppa contro queste scogliere. Dio li ha puniti.
— Ma dove sarà la loro capanna?...
— Forse dietro quella macchia. —