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Una triste scoperta | 193 |
tori, forse volontari, della tremenda catastrofe. Si era limitato ad incrociare le braccia sul petto, guardando tranquillamente il viso del genovese, ancora alterato da una collera selvaggia.
— Imbarchiamoci, signore, — disse Enrico. — Andremo a vendicare le vittime della Liguria. —
Il signor Albani non si mosse. Forse nel suo cuore, in quel momento, si combatteva un’aspra battaglia fra il desiderio di tutto obliare e quello di seguire la legittima collera del vendicativo marinaio.
— No, Enrico, — disse a un tratto. — Il sole sta per tramontare e non conosciamo questi paraggi, che possono nascondere delle scogliere pericolose alla nostra scialuppa.
— Ci terremo lontani dalle sponde, signore.
— Non abbiamo nessuna fretta e possiamo accamparci su questa rupe.
— La fretta l’ho io, signor Albani. Li sorprenderemo nel sonno, i due miserabili, e li uccideremo.
— Non dobbiamo erigerci a giustizieri, noi, Enrico.
— Vorreste lasciarli vivere ancora?...
— La sventura li avrà domati.
— Hanno fatto saltare la nave, signore.
— Forse c’inganniamo. Chissà, l’incendio può averlo prodotto il caso.
— Ah!... no, non perdonerò mai a loro!...
— Perdono io.
— Voi!...
— Sì, Enrico. Io non permetterò che i Robinson italiani, macchino la loro isola con un delitto. No, amico mio, siamo generosi e cerchiamo invece di unire i nostri sforzi a quelli di loro pel bene di tutti.
— Ma.... signor Albani....
— Se sono colpevoli, penserà Dio a punirli.
— E sia, — disse il marinaio, — ma prima udranno se la mia voce tuonerà contro le loro infamie.
— Va’ a legare il canotto, mentre io improvviserò un ricovero.
13. — Salgari, I Robinson italiani |