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184 | Capitolo ventiseesimo |
— Imprudente!... —
Il mozzo lo guardò con sorpresa.
— Era un bel pesce che avrebbe potuto servirci da cena, signore, — disse.
— Ma che ti avrebbe intorpidito, — rispose Albani. — Le scariche elettriche di quei pesci sono tutt’altro che piacevoli.
— Che cos’era dunque?...
— Una torpedine.
— Alla larga, — disse Enrico. — Conosco quei pesci diabolici.
— Io non ne ho mai veduti, — disse il mozzo.
— Ti dirò allora che posseggono una vera batteria elettrica; è vero, signor Albani?
— Sì, Enrico; una batteria che intorpidisce le membra e che fa strappare delle urla di dolore a chi riceve la scarica.
— Ma io non avevo già intenzione di prendere quel pesce colle mani, ma di colpirlo col coltello.
— Avresti ricevuto egualmente la scossa, ragazzo mio. Quei pesci possiedono tale potenza fulminante, da comunicarla perfino alle corde delle reti tenute in mano dai pescatori.
Ho veduto una volta dei pescatori cadere per aver messo i piedi su delle sabbie, sotto le quali si erano nascoste le torpedini.
— Ma che posseggono una vera batteria elettrica nel loro corpo? — chiese il marinaio.
— Qualche cosa di simile, Enrico. Il loro apparecchio è formato da tanti piccoli dischi di una sostanza speciale, semitrasparente, disposti in pile verticali e racchiusi in vani sovrapposti, le cui divisioni membranose ricevono una grande quantità di vasi e di fili nervosi che vanno a terminare alla superficie dei dischi.
— Così armati, quei pesci non si lasceranno certo mangiare dai loro nemici.
— No, poichè possono fulminarli anche ad una certa distanza, ma dopo la prima scarica perdono gran parte della loro potenza difensiva e....