Pagina:I Robinson Italiani.djvu/187


Il varo della «Roma» 181

z’ora in mezz’ora, ma le tenebre calarono senza che fossero riusciti a tagliare la metà del durion.

Avendo però levato tutta intorno la scorza, radunarono un grande numero di rami secchi e li accesero, sperando di carbonizzare una parte delle fibre interne, semplificando il lavoro dell’indomani.

Le loro speranze non andarono deluse, poichè all’alba trovarono il piede del colosso in gran parte carbonizzato. Con pochi colpi di scure potevano ormai abbatterlo.

Premendo loro di farlo cadere dalla parte del mare e precisamente sui tronchi dei mangostani, mandarono lo Sciancatello sul colosso a legare dei rotang; poi, mentre il mozzo vibrava gli ultimi colpi di scure, il veneziano e il marinaio si collocarono sulle due sponde della piccola cala, operando delle vigorose strappate con quelle solidissime fibre vegetali. Anche il mias li aiutava, mettendo in opera il suo vigore straordinario.

Alle dieci del mattino l’albero gigante, dopo una breve oscillazione, cadde con grande fracasso, precipitando sui tronchi dei mangostani. I suoi immensi rami s’immersero nelle acque della cala, sollevando una vera ondata.

— Hurrà!... hurrà!... — urlarono i due marinai, giocondamente.

— Il più è fatto ormai, — disse Albani, che non era meno lieto dei compagni. — Fra quindici giorni avremo finalmente anche la scialuppa. —

Essendo il tronco lungo quaranta metri, decisero di abbruciarlo in gran parte, bastando dieci metri per la costruzione della loro scialuppa.

Il mozzo fu incaricato di quel lavoro, operazione facile non dovendo far altro che raccogliere legna e badare che il fuoco non si spegnesse. Il marinaio e il veneziano si occuparono della costruzione del galleggiante.

Continuando però la stagione delle piogge, furono prima costretti a innalzare una tettoia per lavorare al coperto. Fu-