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180 | Capitolo ventiseesimo |
— Purchè non sia molto lontano dalla spiaggia.
— A pochi passi: dalla piattaforma possiamo scorgerlo.
— Andiamo a vedere. —
Uscirono dalla capanna e il mozzo indicò ai compagni un albero enorme che si rizzava presso una piccola cala, situata dietro la caverna marina che aveva servito loro come primo rifugio la notte in cui erano approdati.
Quel durion era alto più di quaranta metri e aveva il diametro di due e mezzo. Atterrandolo in modo da farlo cadere verso la sponda, il varo della scialuppa poteva diventare facile.
— Approfittiamo di questo po’ di tempo, — disse il veneziano. — Domani mattina il tronco può essere a terra.
Presero la scure e si diressero verso quella piccola insenatura, la cui sponda scendeva dolcemente verso il mare, come in un piccolo cantiere.
Il durion s’alzava proprio sul ciglione della ripa e, tagliandolo o bruciandolo alla base, dovevano necessariamente farlo inclinare verso l’acqua.
— Ci risparmierà lunghe fatiche, — disse il veneziano, dopo aver esaminato il terreno. — Far scendere in acqua la scialuppa sarà cosa facile. Animo, amici, tagliamo alcuni giovani alberi che poi ci serviranno per far scorrere il tronco del durion, quando sarà giunto il momento del varo. —
Poco lontani dalla spiaggia crescevano alcuni gruppi di mangostani, alberi che hanno un tronco liscio e perfettamente rotondo.
Ne abbatterono quattro e collocarono i tronchi sulla spiaggia, ad una distanza di quattro metri l’uno dall’altro; poi assalirono la base dell’albero gigante con gran lena.
Era un lavoro aspro e lunghissimo, ma non possedendo una sega, non avevano la scelta dei mezzi. Se il tronco fosse stato secco, avrebbero potuto accendere un fuoco intorno alla base del colosso; ma quella corteccia era troppo umida per incendiarsi.
Tutto il giorno lavorarono di scure, scambiandosi di mez-