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Il varo della «Roma» | 179 |
e per lo più al mattino e verso sera, in causa dei venti del sud che accumulavano, in quelle ore, grandi masse di vapori sopra l’isola.
I Robinson decisero di approfittare dei momenti di sosta per effettuare il loro grande progetto, quello di costruirsi una scialuppa. Non avevano ancora scordata la capsula trovata nel bosco, nè la colonna di fumo che avevano scorto dall’alto della montagna e ardevano dal desiderio di conoscere i misteriosi individui che abitavano le sponde meridionali dell’isola.
Un canotto era necessario, non osando attraversare tutte le foreste che li dividevano da quelle lontane spiagge, prima perchè ormai sapevano come fossero popolate da numerose tigri, poi perchè in caso di pericolo, difficilmente avrebbero potuto ritornare sollecitamente alla loro capanna per difendere le loro ricchezze radunate con tante fatiche, e portare soccorso a colui che avrebbe dovuto rimanere a guardia della possessione.
Con una scialuppa a vela, il ritorno invece sarebbe stato più facile e più pronto.
La grande difficoltà stava però nel modo di costruirla. Gli alberi non mancavano certo, ma erano gli attrezzi che scarseggiavano, non possedendo che la scure, la sciabola del pirata e alcuni punteruoli per forare, ottenuti colle sbarre di ferro dei pennoni. Se avessero dovuto scavare un tronco con quelle sole armi, avrebbero dovuto impiegare dei mesi e poi, avrebbe resistita la scure, che era già mezzo consumata, avendola arrotata almeno venti volte?...
— Se adoperassimo il fuoco? — disse il marinaio. — Io so che gl’isolani del Grand’Oceano non adoperano altro mezzo, signore.
— Ecco un’idea che mi era sfuggita, — disse il veneziano. — Col fuoco possiamo riuscire, ma è la pianta che bisognerà trovare.
— So dove si trova un durion di dimensioni gigantesche, signor Albani, — disse il mozzo.