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178 | Capitolo ventiseesimo |
Le penne le aveva ricavate dall’arenga saccharifera. Questa pianta preziosa, oltre dare, come già dicemmo, il toddi, o liquore zuccherino, il tuwah o liquore inebriante, le fibre di gomuti per fare delle funi solidissime che non marciscono anche se tenute in acqua lunghissimo tempo ed una specie di cotone che viene adoperato come esca e che può anche essere filato, somministra ai malesi ed ai giavanesi anche le penne da scrivere. Per ottenerle, si scelgono le fibre più grosse che stanno fra le foglie e che servono per la fabbricazione del gomuti e vengono adoperate per scrivere, ma più come pennello che come penna.
Non potendo trovare di meglio, non essendovi nè oche, nè anitre, i due marinai dovettero adattarsi e non si erano trovati scontenti poichè i loro sgorbi riuscivano egualmente.
Più difficile fu procurarsi l’inchiostro; ma dopo lunghe ricerche anche quell’ultima difficoltà fu vinta con successo insperato, e fu ancora la foresta che lo somministrò.
In una delle sue escursioni, il signor Albani aveva veduto parecchi alberi conosciuti sotto il nome di eucalyptus microcorys o di alberi-sevo, così chiamati perchè dopo tagliati conservano una certa untuosità.
Dapprima non vi aveva fatto alcun caso, quantunque non ignorasse che da quelle piante si estrae un olio essenziale molto adoperato e ricercato dai verniciatori, ma essendosi poi rammentato che dalle schegge di quei tronchi, tenute immerse un certo tempo, si ricava del buon inchiostro, aveva voluto fare la prova.
Tagliati alcuni pezzetti li aveva messi in una pentola piena d’acqua, ponendovi dentro anche un pezzo di ferro e dopo tre giorni aveva ottenuto un inchiostro nerissimo e di buona qualità, che scorreva facilmente sulla carta di gluga.
Come si vede i naufraghi, mercè la loro instancabile attività, potevano attendere tranquilli il termine della stagione delle piogge, senza annoiarsi e senza inquietudini.
Quindici giorni dopo però la furia delle piogge era cessata. Pioveva ancora e con grande violenza, ma ad intervalli