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166 Capitolo venticinquesimo

Capitolo XXV


L’uragano


La situazione dei Robinson stava per diventare grave assai, essendo ormai cosa certa che i pirati, resi furiosi per la morte di quattro compagni, dovevano essere decisi a vendicarli e a tutto tentare pur di avere in mano gli abitanti dell’isola.

Essendo numerosi, armati di fucili e anche di spingarde e di due piccoli pezzi d’artiglieria, non vi era da fare molto assegnamento sulla resistenza che avrebbe potuto opporre quell’ammasso di macigni che ostruiva la galleria. Pure i tre bravi superstiti della Liguria, non sembravano molto inquieti.

Invece di perdere tempo a discutere sui migliori mezzi di difesa, continuavano a lavorare con accanimento.

Non contenti di aver chiusa la prima galleria, accumularono altri ostacoli presso la seconda che conduceva nell’ultima caverna. Essendo quella assai più stretta e tortuosa della prima, si prestava meglio alla difesa, non permettendo agli assalitori che d’inoltrarsi uno alla volta.

Terminati quei preparativi, tornarono nella prima caverna per udire che cosa facevano i pirati.

L’attacco pareva non fosse ancora cominciato, poichè le pietre formavano una massa compatta. Udivano però i pirati parlare e di quando in quando percuotere la barricata coi calci dei fucili.

Pareva che si consigliassero prima d’intraprendere qualcosa o che attendessero dei soccorsi.

— Aspetteranno che sorga li sole, — disse Albani. — Forse spereranno di trovare qualche altra entrata.

— Perderanno il tempo inutilmente, — disse il marinaio.

— Ma v’è la finestra, — osservò il mozzo.

— È tanto piccola che un uomo non vi può passare, — rispose Albani. — E poi è alta più di quindici piedi e la roccia è tagliata a picco. —