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Assediati nella caverna 163

piante che lo coprivano del tutto, colla cerbottana in mano, quando lo Sciancatello, che sonnecchiava accanto a lui, si alzò bruscamente emettendo un sordo brontolìo.

— Oh!... oh!... — esclamò il ragazzo. — C’è qualche cosa di nuovo! —

Si alzò e scostando prudentemente le piante, guardò verso il margine della foresta, ma non vide alcuno. Però, essendo il cielo coperto da nuvoloni, non era cosa facile distinguere una persona a due o trecento passi, con quell’oscurità.

— Che abbia fiutata qualche tigre? — mormorò il mozzo. — Ecco un nemico che non è migliore degli altri. —

Il mias continuava a brontolare ed a muovere gli orecchi come se cercasse di raccogliere meglio dei lontani rumori. A volte si curvava verso terra, poi aspirava fortemente l’aria pel naso.

— Qualche cosa succede nella tenebrosa foresta, — disse il mozzo, che era diventato inquieto. — Andiamo ad avvertire i compagni. —

Scivolò lestamente nella galleria e tirò le gambe al veneziano e ad Enrico, dicendo:

— Presto, in piedi.

— I pirati? — chiese il marinaio, rizzandosi colla cerbottana in mano.

— Io non lo so, ma Sciancatello dà segni d’inquietudine.

— Usciamo, — disse Albani. — Gli uomini dei boschi sentono i nemici a grandi distanze. —

In un baleno si trovarono tutti e tre all’aperto. Sciancatello ascoltava sempre e brontolava, colla testa volta verso la spiaggia settentrionale.

— Il pericolo viene di là, — disse Albani.

— Ma io non vedo nulla, — rispose Enrico.

— Pretenderesti di avere gli occhi del mias?...

— Che i pirati abbiano scoperto le tracce del carretto?

— Lo temo, poichè Sciancatello guarda da quella parte.

— Mille terremoti!...

— Cos’hai?...