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60 | Capitolo ventiduesimo |
Il marinaio ed il signor Albani, nascosti fra i folti bambù, non li perdevano d’occhio. Entrambi però parevano in preda a una viva commozione, temendo di veder distruggere la loro casa alla quale ormai si erano tanto affezionati.
— Se me la guastano, guai a loro, — disse Enrico, cacciando risolutamente una freccia avvelenata nella cerbottana.
Capitolo XXIII
Le devastazioni dei pirati
I marinai del tia-kau-ting, giunti a venti passi dalla capanna aerea, si erano arrestati, armando i loro moschettoni e alzandosi sulle punte dei piedi per vedere se sulla piattaforma si trovasse nascosto qualche isolano.
Non scorgendo alcuno e non udendo rumore di sorta, circondarono la costruzione, poi uno di loro, il più agile ed il più ardito, s’aggrappò alle pertiche e si mise a salire.
I suoi compagni tenevano sempre le armi alzate, pronti a rispondere al primo attacco; mentre la piccola nave, che era ormai giunta nella rada, puntava le spingarde.
L’uomo giunse ben presto sulla piattaforma ed entrò nell’abitazione. Poco dopo ne uscì mandando delle grida che parevano di collera.
Scambiò alcune rapide parole coi compagni che parevano non meno furiosi di lui, poi si mise a gettare giù i pochi viveri che ancora vi erano, mentre gli altri saccheggiavano la tettoia di quel po’ che conteneva.
Non sembravano però soddisfatti di quel magro bottino, poichè i due naufraghi li udivano sempre a urlare come ossessi e li vedevano correre dalle palizzate del recinto alla capanna, sfogando il loro malumore con tremende sciabolate che avventavano all’impazzata contro i bambù.
I loro compagni che erano rimasti a bordo, ancorata la