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146 Capitolo ventiduesimo

— Una specie di mummia egiziana che dorme forse da vent’anni. Non essere schizzinoso, ragazzo mio, e andiamo a seppellirlo. —

Entrati nella seconda caverna, portarono via la mummia e la seppellirono ai piedi d’un albero, poi si misero a scaricare la carretta facendo rotolare i recipienti nel magazzino.

— Staranno al fresco, — disse Enrico.

— È una bella grotta, — disse il mozzo. — Non vale quella azzurra del mio golfo, ma è comoda e l’abiterei volentieri se ci si vedesse.

— Allargheremo quel piccolo buco e apriremo una finestra, mio Piccolo Tonno. Un po’ d’aria conserverà meglio i nostri viveri. —

Avendo portato con loro la scure, demolirono un pezzo di parete senza molta fatica, essendo la rupe di tufo assai friabile e aprirono una finestra tanto larga da permettere di sporgere il capo.

Quell’apertura si trovava a circa venti piedi da una scogliera che si estendeva dinanzi alla rupe e le onde, rompendosi contro quegli ostacoli, talvolta la spruzzavano di spuma.

Di là si dominava un bel tratto di costa e di mare, e si potevano scorgere perfino i vivai, formando l’isola, in quel luogo occupato dalla caverna, una specie di angolo assai acuto.

Una nave che avesse cercato di approdare in vicinanza della capanna aerea, sarebbe stata facilmente scorta.

Guardando verso l’est, Albani vide una lunga fila di frangenti che finiva ai piedi d’un isolotto lontano venti o venticinque miglia e che pareva piuttosto vasto.

Durante la giornata, i Robinson fecero parecchi viaggi trasportando nella caverna gran parte delle loro provviste. Alla sera chiusero l’entrata della galleria con dei massi grossissimi, per impedire agli animali della foresta di penetrare nei magazzini e fecero ritorno alla capanna aerea.

Le tenebre erano già calate da un’ora, quando vi giunsero. Cenarono in fretta, essendo assai stanchi, poi si cori-