Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
130 | Capitolo diciannovesimo |
timane abbiamo ottenuto più di quanto potevamo sperare ed il vitto è ormai assicurato. Alla capanna, Piccolo Tonno; festeggeremo il lieto avvenimento e la guarigione del nostro bravo Enrico con un banchetto.
— Ed io vi offrirò delle ciambelle, — disse il marinaio. — Sciancatello!... Spero che avrai risparmiato il mio miele.... —
Capitolo XX
Nuove scoperte
Quantunque l’abbondanza cominciasse già a regnare nella capanna, possedendo ormai una grossa provvista di pane, un recinto fornito di selvaggina piccola e grossa, delle armi per procurarsene dell’altra, dei liquori e dello zucchero estratto dalle arenghe saccarifere, ecc., i naufraghi, da persone previdenti, non s’arrestarono.
Il veneziano voleva dotare quella microscopica colonia di ben altre cose che ancora difettavano, e assicurare, in caso di carestia, dei viveri sufficienti a nutrirla per lungo tempo.
Non avendo pel momento alcuna premura di visitare l’isola per accertarsi se era abitata o deserta, non potendo fabbricarsi una scialuppa, se prima non trovavano delle pietre adatte per arrotare la scure che era ormai ridotta in uno stato miserando, appena il marinaio si trovò in grado di camminare da solo, si dedicarono a diversi lavori ritenuti urgenti.
Allargarono innanzi a tutto il recinto per separare gli animali, ingrandirono l’uccelliera, essendo aumentato considerevolmente il numero degli uccelli, avendo il mozzo raddoppiato la produzione del vischio estratto dalla giunta wan; poi si misero a dissodare un bel tratto di terreno per piantare le patate dolci che avevano religiosamente conservate.
Furono i due marinai che si occuparono delle coltivazioni. Il signor Albani invece si occupava a scorrazzare le foreste