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I babirussa 129

I due quadrumani parevano in preda a una viva agitazione; gridavano, saltellavano attorno alla buca e alzavano e dimenavano le loro lunghe e pelose braccia.

— Che cosa succede laggiù? — chiese il mozzo. — Che le nostre scimmie vogliano fare un capitombolo nelle trappole?

— O che qualche loro compagna vi sia caduta entro?

— Non si troverebbe impacciata a uscire, — rispose il veneziano.

— Ma urlano proprio sui margini di una delle buche che abbiamo scavato per la grossa selvaggina, signor Albani, — disse il mozzo.

— Sarà caduto qualche animale. Affrettiamoci, amici, e preparate le cerbottane, poichè potrebbe essere una tigre. —

Allungarono il passo, sorreggendo il marinaio, ed in pochi minuti giunsero sull’orlo della buca. Come il veneziano aveva preveduto, lo strato di leggiere canne che copriva la trappola aveva ceduto sotto il peso d’un grosso animale, il quale ora si trovava prigioniero in fondo all’escavazione.

Era grande come un cervo ma somigliava, per le forme, ad un maiale, quantunque avesse le gambe molto più alte e più sottili. Aveva però il collo egualmente grosso, il grugno sporgente ma armato di due denti ricurvi e solidi, che partendo dalla mascella superiore salivano fino agli occhi. Il suo pelo era invece cinereo-rossiccio, corto e lanoso.

— Cos’è? — chiesero il marinaio e il mozzo.

— Un babirussa — rispose Albani, — un animale che appartiene all’ordine dei pachidermi moltungulati, ma che forma un genere particolare della famiglia dei porci.

— È buona la sua carne? — chiese il marinaio.

— Somiglia a quella del porco.

— Guardate, signore! — esclamò in quell’istante il mozzo. — Vi sono anche due piccini.

— Buono! — disse il veneziano. — Ecco che il nostro recinto comincia a popolarsi: due orsi, tre scimmie, tre babirussa ed una uccelliera discretamente fornita!... In tre set-