Pagina:I Robinson Italiani.djvu/131


Il serpente dagli occhiali 125

stato in cui l’avevano lasciata ed al magazzino dei viveri ed aveva torto il collo ai due più grossi tucani.

Fu rizzata la tenda per proteggere il marinaio dal sole, poi accesero il fuoco e misero a bollire il volatile più grasso per preparare una buona zuppa al povero ammalato.

Ciò fatto, sedutisi all’ombra, attesero pazientemente che il compagno si svegliasse.


Capitolo XIX


I babirussa


Il sonno del marinaio si prolungò fino a mezzodì, sempre tranquillo, regolare.

Quando aprì gli occhi, il bravo genovese parve stupito di trovarsi coricato sotto quella tenda improvvisata, fra i suoi due compagni e lo Sciancatello che si era accoccolato ai suoi piedi, come se avesse indovinato che il suo amico era ammalato.

— Che cosa fate qui? — chiese, guardando ora il signor Albani ed ora il mozzo, che lo osservavano sorridendo.

Poi si rammentò subito di quanto era avvenuto.

— Ma non sono morto?... — esclamò. — Ah!... Signor Albani, vi devo la vita!... Mio Piccolo Tonno, io non speravo di vederti ancora!

— Come stai? — chiese il veneziano, stringendogli affettuosamente la mano che gli veniva sporta.

— Sono debole, assai debole, signore, e mi pare di aver la testa vuota, ma mi sento vivo e ciò mi basta, potete credere, — disse il marinaio sorridendo. — Provo ancora dei dolori acuti alla gamba ferita, ma bah! cesseranno. Terremoto!... Mi avete proprio calcinato le carni.

— Era necessario, Enrico; se non agivo così, correvi il pericolo di morire in capo ad un quarto d’ora.