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Il serpente dagli occhiali 119

osservò il marinaio, il quale si teneva a una rispettosa distanza.

— Forse da parecchi lustri.

— Ma come si è così ben conservato?...

— Questa caverna è asciuttissima, poco arieggiata e molto fresca ed il cadavere non si è imputridito, ma lentamente disseccato.

— Che questo povero diavolo, sia stato ucciso?...

— Non vedo alcuna ferita sul suo corpo, Enrico.

— Avreste l’idea di utilizzare anche questa tomba?...

— Questa tomba, come tu la chiami, sarà una magnifica cantina per conservare i nostri viveri. Seppelliremo la mummia, se ti dà fastidio, e poi trasporteremo le nostre ricchezze.

— Quel morto mi fa un certo senso, signor Albani!

— Bah!... Usciamo e andiamo a trovare Piccolo Tonno. —

Fecero il giro della caverna per vedere se vi fossero altre mummie, raccolsero il kriss, arma preziosa per loro che non possedevano che una scure e due coltelli ormai rovinati, ed entrarono nella seconda. Stavano per uscire dal corridoio, quando il marinaio s’arrestò di colpo, emettendo un urlo di dolore.

— Enrico!... — esclamò il veneziano, balzando innanzi col kriss in pugno.

— Qui... aiuto!... Mi morde!... — urlò il genovese, con voce rauca.

Il signor Albani abbassò gli sguardi e impallidì spaventosamente. Un serpente, lanciatosi fuori dalle piante rampicanti che ostruivano l’ingresso della caverna, aveva conficcato i suoi denti velenosi nel polpaccio della gamba sinistra del disgraziato marinaio.

Quel rettile traditore era grosso come una bottiglia nera, lungo poco più di due metri, col corpo coperto di squame bruno-giallastre, scintillanti come scagliette d’oro, e con due cerchi biancastri situati dietro alla testa, che raffiguravano perfettamente un paio di occhiali.