Pagina:I Robinson Italiani.djvu/123


Le tracce di un’antica colonia 117

Un odore strano, come di sterco, colpì l’olfatto dei due naufraghi, ma sporgendo innanzi la torcia per la tema di cadere in qualche crepaccio, tirarono innanzi bensì con una certa diffidenza.

Dinanzi a loro s’apriva un corridoio stretto, alto un metro e mezzo, il quale scendeva dolcemente, descrivendo una curva lievemente accentuata. Era assai asciutto e non mostrava nè stalagmiti, nè stalattiti, l’assenza dei quali indicava come non regnasse là dentro l’umidità.

Percorsi dieci passi, si trovarono improvvisamente dinanzi ad una grotta circolare, colla vôlta assai alta ed il suolo sparso d’una sabbia finissima e bianchissima e anche questa perfettamente asciutta.

Stavano per continuare l’esplorazione, avendo scorto all’estremità un antro che pareva formasse un secondo corridoio, quando videro irrompere di là un nuvolo di quegli enormi pipistrelli che i Malesi chiamano kulang e i naturalisti pteropus eduli.

Ebbero appena il tempo di gettarsi da una parte e di abbassare la torcia. Quei brutti volatili attraversarono la grotta sbattendo vivamente le loro enormi ali membranose, provocando una rapida corrente d’aria, e fuggirono dal corridoio che conduceva all’esterno.

— Al diavolo quei ributtanti pipistrelli! — esclamò il marinaio. — Che ve ne siano degli altri?...

— Non lo credo, — rispose Albani. — Andiamo innanzi, Enrico. —

Il marinaio e il suo compagno entrarono nel secondo corridoio, che era basso e stretto come il primo, ma scendeva più rapido, e si trovarono in una seconda caverna pure circolare ma più ampia della prima, poichè misurava una circonferenza di almeno quaranta metri.

Quella caverna doveva trovarsi quasi a livello del mare, poichè si udivano là dentro dei fragori prolungati, prodotti senza dubbio dalle ondate che si rompevano ai piedi della rupe.