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Le tracce di un’antica colonia 111

— Terremoto di Genova!... Avreste forse trovato...

— Del caffè?... Sì, Enrico, l’ho trovato. Seguitemi, amici. Fra pochi giorni noi assaggeremo la deliziosa bevanda. —


Capitolo XVII


Le tracce di un’antica colonia


Quelle piante, che lo sguardo acuto del veneziano aveva scoperto fra tutti gli alberi che circondavano le piccole radure, erano alte cinque o sei metri, col fusto diritto, le foglie opposte, ovali, d’una tinta verde-cupa lucentissima e somiglianti a quelle dei lauri cerasi.

Alcune, situate troppo all’ombra, erano coperte di fiori bianchi disposti a ciocche, esalanti un profumo che ricordava quello delicato dei gelsomini, ma altre, più esposte al sole, avevano i rami adorni di gruppetti di certe frutta, somiglianti alle ciliege duracine, sia per la forma che pel colore.

Il veneziano staccò alcune di quelle frutta, le aprì facilmente e mostrò ai compagni una specie di nocciolo, ma che pareva formato d’una semplice pellicola.

— Ecco il caffè, diss’egli.

— Il caffè!... — esclamarono i due marinai. — Ma non somiglia ai chicchi che noi abbrustoliamo e che poi maciniamo. —

Il signor Albani sorrise. Ruppe la pellicola e fece uscire due chicchi semi-ovali, un po’ teneri ancora, bianco-verdognoli, ma che dovevano acquistare una consistenza cornea dopo una breve esposizione al sole.

— È vero caffè!... — esclamò il genovese, al colmo della gioia. — Ma come queste piante si trovano sull’isola?... Forse crescono anche allo stato selvaggio?...

— Nel loro paese d’origine, ossia in Arabia sì, ma qui no, Enrico. Queste piante sono qui trasportate e coltivate.