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Una luce misteriosa 109

presa un’altra direzione, deviando un po’ verso l’est, certi di raggiungere egualmente la loro capanna aerea.

Gli alberi però non variavano. Incontravano sempre macchioni di arecche, di sontar, di durion, di pombo, di piante gommifere, strette le une alle altre da smisurati rotang e da radici colossali, che s’innalzavano da tutte le parti come serpenti immani.

Fecero però una scoperta curiosissima, d’un gruppo di fiori di proporzioni gigantesche. Erano delle aroidee, piante che emettono una sola foglia la quale s’innalza, compreso il gambo che somiglia a una vera colonna, per ben quindici metri.

Dal centro di quel gambo, che aveva il diametro di un metro, usciva un fiore così grande, da imbarazzare un gigante se avesse voluto metterselo all’occhiello della giacca, poichè era alto due metri con un diametro di uno e mezzo.

Cosa strana però: quei fiori, invece d’avere un profumo delizioso, esalavano un odore appestante, come di pesce corrotto.

Anche qualche pianta utile venne scoperta; ma essendo ormai tutti carichi, dovettero pel momento rinunciare a saccheggiarla. Erano dei mangostani, alberi somiglianti ai nostri ciliegi, chiamati dai popoli della Malesia re delle frutta poichè dànno le frutta migliori che immaginare si possa.

Sembrano melogranate, ma la polpa candida che contengono riunisce gli aromi più squisiti e si fonde in bocca come un gelato.

Verso le quattro del pomeriggio, i naufraghi si trovarono sulla costa orientale, la quale si elevava assai sul mare, difesa da rupi colossali che s’innalzavano per parecchie dozzine di metri, coperte da piante arrampicanti e da sterpi.

La foresta terminava addosso a quelle rupi, ma non era più fitta come prima. Anzi si vedevano qua e là delle piccole radure, invase da erbe grasse e prive di alberi annosi.