Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
108 | Capitolo sedicesimo |
— Ohe!... marinaio! — gridò il mozzo.
— Presente, — urlò Enrico con voce tuonante.
— Nulla di nuovo?
— Sto abbeverando i miei orsi. —
Il signor Albani e Piccolo Tonno affrettarono il passo e poco dopo giunsero ad una capanna di frasche, dinanzi alla quale il marinaio e lo Sciancatello stavano trascinando gli orsi che parevano recalcitranti.
— Buon giorno, signor Albani, — disse Enrico. — Avete passato una buona notte sulla montagna?...
— Sì, uccidendo una tigre che voleva mangiare Piccolo Tonno, — disse il veneziano.
— Corna di Belzebù!...
— Non inquietarti, l’abbiamo uccisa, Enrico. E tu, hai dormito bene?...
— Come un ghiro, signore. Sciancatello è una sentinella valorosa che non lascia avvicinare nessuno e anche le due scimmie sono davvero bravine. Dunque, dove siamo noi?
— Su di un’isola.
— Deserta?
— Ecco quello che ignoriamo. Hai udito o veduto nulla?
— Veduto no, ma due ore fa sono stato svegliato da un certo fragore, che mi parve un lontano colpo di fucile.
— L’ho udito anch’io.
— Allora non siamo soli su quest’isola.
— Chi può dirlo? Lo sapremo quando saremo in grado d’intraprendere una vera esplorazione attorno a questa terra.
— E quando potremo tentarla?...
— Fra alcune settimane, ossia quando avremo un canotto. Ritorniamo, amici: ho fretta di giungere alla capanna. —
Il marinaio afferrò le funi dei due orsi, lo Sciancatello prese la pentola del miele, Albani si caricò della tenda e della cera e si misero in cammino preceduti dal mozzo che portava la pelle della tigre e dalle due scimmie.
Volendo però visitare un’altra parte di quella grande foresta, sperando di trovare nuovi alberi utilissimi, avevano