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104 | Capitolo quindicesimo |
gnor Albani, sentendosi cadere sul viso quell’oggetto, si alzò bruscamente guardandosi attorno. Comprese tutto a prima vista?... È probabile, perchè senza pronunciare parola, senza fare un gesto al mozzo, raccolse silenziosamente la sua cerbottana e tenendosi coricato come se fosse ancora addormentato, accostò l’arma formidabile alle labbra.
Un’istante dopo s’udì un leggiero sibilo e la tigre interruppe bruscamente i suoi giuochi, guardandosi attorno. Vedendo quel leggero cannello sospeso al suo collo, lo spezzò con un colpo di zampa e si rimise a giuocare come fosse stata punta da un semplice moscerino.
A un tratto però la si vide spiccare un salto immenso, emettendo un rauco ruggito, poi ricadere su di un fianco, quindi dibattersi in preda a tremende convulsioni.
Piccolo Tonno si precipitò verso la tettoia, gridando:
— Ah!... Signor Emilio!
Il veneziano era già balzato fuori. Aprì le braccia e se lo strinse al cuore, esclamando:
— Grazie, mio valoroso ragazzo! —
In quell’istante la tigre, fulminata dal potente veleno dell’upas e del cetting, cessava di vivere.
Capitolo XVI
Una luce misteriosa
La tigre abbattuta dalla freccia mortale scagliatale dal veneziano, era una delle più grosse, poichè misurava oltre due metri dall’estremità della coda al naso ed era alta un buon metro, quantunque quelle delle isole indo-malesi siano di solito più basse di quelle del Bengala che chiamasi reali.
Il terribile veleno l’aveva ridotta in uno stato miserando. La bocca, contorta dagli ultimi spasimi, non aveva più forma;