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Un terribile quarto d’ora 103

il ragazzo che manteneva una immobilità assoluta, poi allungò una zampa e la trasse a sè. Vedendo quella canna rotolare e la luce della lama apparire e scomparire, parve che ci provasse gusto, poichè dimenticando la vittima si mise a giuocherellare, emettendo dei profondi rom-rom di contentezza.

A vederla si avrebbe scambiata per un grosso gatto allegro, anzichè per una tigre sanguinaria.

Piccolo Tonno, più sorpreso che mai, cominciava a respirare ed a sperare. Se quella fiera era così di buon umore, vi era speranza di salvare la pelle. Non osava però ancora a muoversi, poichè la maledetta tigre, pur giocando, volgeva di tratto in tratto la testa verso di lui, come volesse assicurarsi che non abbandonava il posto.

— Che voglia solamente spaventarmi? — pensava il ragazzo. — Oh! Se potessi scivolare sotto la tettoia e svegliare il signor Albani! —

Ma non trovava mezzo per avvertire il compagno del tremendo pericolo che correvano. Coricato su di un fianco, con un braccio sotto il capo, il veneziano continuava a dormire saporitamente, nè accennava a svegliarsi.

Ad un tratto un’idea attraversò il cervello del ragazzo.

— Dio mi aiuti, — mormorò.

Tenendo gli sguardi sempre fissi sulla fiera, si curvò lentamente, con infinite precauzioni, verso terra. Il cuore gli batteva forte forte, un tremito nervoso gli scuoteva le membra e grossi goccioloni di sudore freddo gli bagnavano la fronte, ma continuava ad abbassarsi, mentre la sua mano frugava il terreno.

Trasalì sentendo sotto le dita un oggetto duro, ma ritirò il braccio lentamente, sempre guardando la tigre che continuava a giuocherellare colla cerbottana.

— Un sasso, — mormorò, respirando. — Non sbagliamo il colpo.

Attese il momento in cui la tigre volgevagli il dorso e rapido come il lampo scagliò il sasso sotto la tettoia. Il si-