140Ho io que’ prenci e porsi lor bevanda
E cibo ancora amicamente e diedi
Anche i miei doni. E tramar la lor morte
Come, oh! come potrei? Creda la gente
Agevolmente che codardo io sono; 145Ma il mio servigio a questi prenci illustri
Non ricusai, nol ricusai a quelli
Lor consorti, e mi dolgo or d’amicizia
Qual con essi ho contratta. E la mia figlia
A Giselhero cavalier donai, 150Ed ella in terra non potrìa di guisa
Collocarsi miglior, pel far cortese
E per l’onor di lui, per la sua fede
E la dovizia. Prence non vid’io
Sì giovinetto mai d’alma che fosse 155Veracemente di sì gran valore.
Ma Kriemhilde dicea: Nobil Rüedgero,
Del duol d’ambo noi due, di me, del sire,
Impietosir ti lascia, e pensa ancora
Che ospite in casa non accolse mai 160Ospiti sì riottosi! — E di rimando
Disse il margravio a quella donna illustre: