Sì dolcemente. Raro assai mesciuto 225Mi fu vino miglior. Che s’io di vita
Avrò alcun’ora, grato a voi degg’io
Esser mai sempre. — Come udìano gli altri
Che buono a lui sembrò cotesto, grande
Si fe’ la turba de’ beenti sangue, 230Onde acquistò di molti la persona
Vigore assai. Di ciò portâr la pena
Donne vaghe dipoi nei dolci amici.
E su quelli cadea per l’ampia sala
Il fuoco in copia, e quelli il fean cadere 235Con l’ampio targhe al suol. Grave rancura
Ambo lor feano e fumo e caldo, e penso
Che maggior doglia non incolse mai
A valorosi. — Alle pareti voi,
Hàgene disse di Tronèga allora, 240State voi della sala e non soffrite
Che su le guigge de’ vostr’elmi cadano
Gli stizzi ardenti, ma co’ piè nel fango
Giù li calcate a fondo. Ella è una festa
Trista d’assai qual ci fa la regina! 245E quella notte in sì gran doglia corse.