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506 I Nibelunghi

La sua splendida luce alta sui monti
In sul mattino, e vide il prence allora
Che pugnato essi avean. Con gran disdegno
Gridò il prence guerriero: Hàgene amico,
235E che dunque? E scordaste, io sì mi penso,
Ch’io qui stava appo voi, da che son molli
In tal guisa di sangue i vostri arnesi?
E chi fece cotesto? — E quei rispose:
     Èlse fece cotesto. Ei questa notte
240Ci rincorse. E per quel suo navalestro
Fummo assaliti. La man del mio frate
Morto Gelpfràt batteva, Èlse frattanto
Ci sfuggìa, ma distretta alta a cotesto
Il costringea. Cento di quelli, quattro
245Restâr morti di noi ne la battaglia.
     Dov’elli si posâr non possiam noi
Dir veramente; e quelli de la terra
Udìan la nuova, andarne a corte i figli
Della nobile Ute, ed in Passavia
250Lieta accoglienza egli si aveano. Il zio
Dell’inclito signor, Pellegrin vescovo,
Lieto del cor fu assai, tosto che in quella