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I Nibelunghi lxi

che epico cantore, abbiam detto più sopra; ora aggiungiamo soltanto che molte volte, come il cronista, egli è umile e pedestre, rigido e spicciantesi con poche parole, mancandogli quella vena abbondante e quella pastosità molle e pur solida che fa così belli in tutte le parti loro i canti di Omero.

Ma il punto, nel quale il poeta ha maggiormente fallita la prova (e qui meno che altrove doveva fallirla), pensiamo che sia nella catastrofe del poema, laddove una mano più esperta della sua avrebbe potuto fare un quadro grandiosissimo e stupendo. Incendiata la sala nella quale stanno a banchettare i principi borgognoni, e impegnata la zuffa tra essi e i troppo fedeli seguaci di Kriemhilde, la catastrofe, dopo alcuni tocchi maestri del poeta, doveva precipitare, come precipita rapida e terribile nel canto di Atli nell’Edda, laddove l’ignoto, e pur grande cantore racconta e descrive lo stesso avvenimento. Ma il poeta dei Nibelunghi