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I Nibelunghi 303

Giro egli avea del suo pavese, il tolse
Dalla fontana ed Hàgene rincorse;
Deh! che sfuggirgli l’uomo non potea
Di re Gunthèr! Ben che piagato a morte,
415Egli ’l colpì di tal vigor, che molte
Via schiantâr dal pavese inclite gemme
E parte d’esso anche si ruppe. Allora
Vendicato si avrìa l’ospite illustre
Volentieri d’assai. Da quella mano
420Hàgene a terra andò, sì che al vigore
Del fiero colpo forte risuonava
Il loco agreste. Se alla mano avea
Prence Sifrido la sua spada, morto
Hàgen era davver. Doleasi il forte
425Di sua ferita intanto, e già il prendea
Veramente per essa alta rancura.
     Pallido è il suo color, nè più potea
In piè starsi l’eroe. Già da quel corpo
Fuggìa vigor, da che i segni di morte
430Egli del viso nel color portava
Che livido si fea. — Pianto fu poi
Da molte donne adorne e vaghe. — Intanto