Cotesto promettea. Sì come noi
Udimmo a raccontar, tante egli vide 280Lucenti gemme, che ben cento plaustri
Smuover non le potrìan; ma il fulgid’oro
Del suol de’ Nibelunghi in maggior copia
V’era pur anco, e tutto ciò dovea
Spartir la man del pro’ Sifrido. Allora 285In premio gli donâr di Nibelungo
L’inclita spada. Eppur, da tal servigio,
Qual Sifrido prestò, buon cavaliero,
Male d’assai lor venne poi. Al fine
Condur l’impresa ei non potè, ch’egli erano 290D’alma riottosa. Dodici gagliardi
Eglino avean de’ loro amici, ed erano
Forti giganti inver. — Ma che potea
Giovar cotesto? — In suo disdegno, tutti
Di Sifrido la destra li colpìa, 295Ed ei ben settecento eroi gagliardi
Vinse, ch’eran del suol dei Nibelunghi,
Con quella che Balmùng era appellata,
Spada possente. Ond’è che per timore
Alto che avean del ferro e dell’eroe,