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— I lupini?… Non ce li abbiamo mangiati, i suoi lupini; non li abbiamo in tasca; e non può prenderci nulla lo zio Crocifisso; l’ha detto l’avvocato, che ci rimetterà le spese.

Allora successe un momento di silenzio; intanto Maruzza non sembrava persuasa.

— Dunque ha detto di non pagare?

’Ntoni si grattò il capo, e il nonno soggiunse:

— È vero, i lupini ce li ha dati, e bisogna pagarli.

Non c’era che dire. Adesso che l’avvocato non era più là, bisognava pagarli. Padron ’Ntoni scrollando il capo borbottava:

— Questo poi no! questo non l’hanno mai fatto i Malavoglia. Lo zio Crocifisso si piglierà la casa, e la barca, e tutto, ma questo poi no!

Il povero vecchio era confuso, ma la nuora piangeva in silenzio nel grembiule.

— Allora bisogna andare da don Silvestro; — conchiuse padron ’Ntoni.

E di comune accordo, nonno, nipoti e nuora, persino la bimba, andarono di nuovo in processione dal segretario comunale, per chiedergli come dovevano fare per pagare il debito, senza che lo zio Crocifisso mandasse dell’altre carte bollate, che si mangiavano la casa, la barca e tutti loro. Don Silvestro, il quale sapeva di legge, stava passando il tempo costruendo una gabbia a trappola che voleva regalare ai bambini della Signora. Ei non faceva come l’avvocato, e li lasciò chiacchierare e chiacchierare, seguitando ad infilar gretole nelle cannucce. Infine