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raccattar dei gamberi lungo gli scogli, o dei vermiciattoli per l’esca, che si vendevano a dieci soldi il rotolo, e alle volte arrivava sino all’Ognina e al Capo dei Mulini, e tornava coi piedi in sangue. Ma compare Zuppiddu si prendeva dei bei soldi ogni sabato, per rabberciare la Provvidenza, e ce ne volevano delle nasse da acconciare, dei sassi della ferrovia, dell’esca a dieci soldi, e della tela da imbiancare, coll’acqua sino ai ginocchi e il sole sulla testa, per fare quarant’onze! I Morti erano venuti, e lo zio Crocifisso non faceva altro che passeggiare per la straduccia, colle mani dietro la schiena, che pareva il basilisco.

— Questa è storia che va a finire coll’usciere! — andava dicendo lo zio Crocifisso con don Silvestro e con don Giammaria il vicario.

— D’usciere non ci sarà bisogno, zio Crocifisso, — gli rispose padron ’Ntoni quando venne a sapere quello che andava dicendo Campana di legno. — I Malavoglia sono stati sempre galantuomini, e non hanno avuto bisogno d’usciere.

— A me non me ne importa; — rispose lo zio Crocifisso colle spalle al muro, sotto la tettoia del cortile, mentre stavano accatastando i suoi sarmenti: — Io non so altro che devo esser pagato.

Finalmente, per intromissione del vicario, Campana di legno si contentò di aspettare a Natale ad esser pagato, prendendosi per frutti quelle settantacinque lire che Maruzza aveva raccolto soldo a soldo in fondo alla calza nascosta sotto il materasso.

— Ecco com’è la cosa! — borbottava ’Ntoni di