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— Ohi! oohi! — cominciarono a vociare gli uomini della ciurma passandosi la fune.

— San Francesco! — esclamava lo zio Cola, — ei non par vero che abbiamo preso tutta questa grazia di Dio, colla maretta.

Le reti formicolavano e scintillavano al sole a misura che s’affacciavano dall’acqua, e tutto il fondo della paranza sembrava pieno d’argento vivo. — Padron Fortunato ora sarà contento, — mormorò Barabba, tutto rosso e sudato, — e non ci rinfaccerà quei tre carlini che ci dà per la giornata.

— Questo ci tocca a noi! — aggiunse ’Ntoni, — a romperci la schiena per gli altri; e poi quando abbiamo messo assieme un po’ di soldi, viene il diavolo e se li mangia.

— Di che ti lagni? — gli disse il nonno, — non te la dà la tua giornata compare Fortunato?

I Malavoglia si arrabattavano in tutti i modi per far quattrini. La Longa prendeva qualche rotolo di tela da tessere, e andava anche al lavatoio per conto degli altri; padron ’Ntoni coi nipoti s’erano messi a giornata, s’aiutavano come potevano, e se la sciatica piegava il vecchio come un uncino, rimaneva nel cortile a rifar le maglie alle reti, a raccomodar nasse, e mettere in ordine degli attrezzi, che era pratico di ogni cosa del mestiere. Luca andava a lavorare nel ponte della ferrovia, per cinquanta centesimi al giorno, sebbene suo fratello ’Ntoni dicesse che non bastavano per le camicie che sciupava a trasportar sassi nel corbello; ma Luca non badava che si sciupava anche le spalle, e Alessi andava a