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e tutti gli altri, ci aiuteremo per pagare il debito. La mamma ha preso della tela da tessere per la Signora.

— Bel mestiere anche quello dello speziale! — osservò Mosca.

In questa spuntò nella viottola comare Venera Zuppidda, col fuso in mano. — Oh! Dio! — esclamò Mena, — vien gente! — e scappò dentro.

Alfio frustò l’asino, e se ne voleva andare anche lui.

— Oh, compare Alfio, che fretta avete? — gli disse la Zuppidda; — volevo domandarvi se il vino che portate alla Santuzza è della stessa botte di quello della settimana scorsa.

— Io non lo so; il vino me lo danno nei barili.

— Aceto da fare l’insalata! — rispose la Zuppidda, — un vero veleno; così si è fatta ricca la Santuzza, e onde gabbare il mondo si è messa sul petto l’abitino di Figlia di Maria. Belle cose che copre quell’abitino! Al giorno d’oggi per andare avanti bisogna fare quel mestiere là; se no si va indietro al modo dei gamberi, come i Malavoglia. Ora hanno pescato la Provvidenza, lo sapete?

— No, io non ci sono stato qui; ma comare Mena non sapeva nulla.

— Hanno portato adesso la notizia, e padron ’Ntoni è corso verso il Rotolo, per vederla che stanno rimorchiandola verso il paese, e pareva che ci avesse le gambe nuove, il vecchio. Adesso colla Provvidenza i Malavoglia potranno tirarsi su un’altra volta, e la Mena sarà di nuovo un bel partito.

Alfio non rispose, perchè la Zuppidda lo guardava