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Alfio che aveva fretta d’andare a scaricare il vino della Santuzza, non sapeva risolversi a partire, e rimaneva a chiacchierare della bella cosa che era il fare l’oste, un mestiere col quale si ha sempre il suo guadagno, e se aumenta il prezzo del mosto basta crescere l’acqua nei barili. — Lo zio Santoro si è fatto ricco in tal modo, ed ora chiede l’elemosina per passatempo.

— E voi ci guadagnate bene, coi carichi del vino? — domandò la Mena.

— Sì, nell’estate, quando si può andare anche di notte; allora mi busco una bella giornata. Questa povera bestia se lo guadagna il pane. Quando ci avrò messi da parte un po’ di soldi comprerò un mulo, e potrò tirarmi su a fare il carrettiere davvero, come compare Cinghialenta.

La ragazza era tutta intenta a quello che diceva compare Alfio, e intanto l’ulivo grigio stormiva come se piovesse, e seminava la strada di foglioline secche accartocciate. — Ecco che se ne viene l’inverno, e tutto ciò non si potrà fare prima dell’estate, — osservò compar Alfio. Mena cogli occhi seguiva l’ombra delle nuvole che correva per i campi, come fosse l’ulivo grigio che si dileguasse; così correvano i pensieri della sua testa, e gli disse: — Sapete, compare Alfio, di quella storia del figlio di padron Fortunato Cipolla non ce n’è nulla, perchè prima dobbiamo pagare il debito dei lupini.

— Io ci ho piacere, — rispose Mosca, — chè così non ve ne andate dal vicinato.

— Ora poi che torna ’Ntoni da soldato, col nonno