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Santuzza, — è morto in un giorno segnalato, la vigilia dei Dolori di Maria Vergine, e prega lassù per noi peccatori, fra gli angeli e i santi del paradiso. «A chi vuol bene Dio manda pene». Egli era un bravo uomo, di quelli che badano ai fatti loro, e non a dir male di questo e di quello, e peccare contro il prossimo, come tanti ce ne sono.

Maruzza allora, seduta ai piedi del letto, pallida e disfatta come un cencio messo al bucato, che pareva la Madonna Addolorata, si metteva a piangere più forte, col viso nel guanciale, e padron ’Ntoni, piegato in due, più vecchio di cent’anni, la guardava, e la guardava, scrollando il capo, e non sapeva che dire, per quella grossa spina di Bastianazzo che ci aveva in cuore, come se lo rosicasse un pescecane.

— La Santuzza ci ha il miele in bocca! osservava comare Grazia Piedipapera.

— Per fare l’ostessa, rispose la Zuppidda, — e’ s’ha ad essere così. «Chi non sa l’arte chiuda bottega, e chi non sa nuotare che si anneghi».

La Zuppidda ne aveva le tasche piene di quel fare melato della Santuzza, che persino la Signora si voltava a discorrere con lei, colla bocca stretta, senza badare agli altri, con que’ guanti che pareva avesse paura di sporcarsi le mani, e stava col naso arricciato, come se tutte le altre puzzassero peggio delle sardelle, mentre chi puzzava davvero era la Santuzza, di vino e di tante altre porcherie, con tutto l’abitino color pulce che aveva indosso, e la medaglia di Figlia di Maria sul petto prepotente, che non voleva starci. Già se la intendevano fra di loro perchè l’arte

Verga. I Malavoglia. 4