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quie, insieme con gli altri confratelli della Buona Morte, colla testa nel sacco.

I vetri della chiesetta scintillavano, e il mare era liscio e lucente, talchè non pareva più quello che gli aveva rubato il marito alla Longa; perciò i confratelli avevano fretta di spicciarsi, e di andarsene ognuno pei propri affari, ora che il tempo s’era rimesso al buono.

Stavolta i Malavoglia erano là, seduti sulle calcagna, davanti al cataletto, e lavavano il pavimento dal gran piangere, come se il morto fosse davvero fra quelle quattro tavole, coi suoi lupini al collo, che lo zio Crocifisso gli aveva dati a credenza, perchè aveva sempre conosciuto padron ’Ntoni per galantuomo; ma se volevano truffargli la sua roba, col pretesto che Bastianazzo s’era annegato, la truffavano a Cristo, com’è vero Dio! chè quello era un credito sacrosanto come l’ostia consacrata, e quelle cinquecento lire ei l’appendeva ai piedi di Gesù crocifisso; ma santo diavolone! padron ’Ntoni sarebbe andato in galera! La legge c’era anche a Trezza!

Intanto don Giammaria buttava in fretta quattro colpi d’aspersorio sul cataletto, e mastro Cirino cominciava ad andare attorno per spegnere i lumi colla canna. I confratelli si affrettavano a scavalcare i banchi colle braccia in aria, per cavarsi il cappuccio, e lo zio Crocifisso andò a dare una presa di tabacco a padron ’Ntoni, per fargli animo, che infine quando uno è galantuomo lascia buon nome e si guadagna il paradiso, — questo aveva detto a coloro che gli domandavano dei suoi lupini: — Coi Ma-