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Nunziata per far la mamma. Ci avevano pure le galline nel pollaio, e il vitello nella stalla, e la legna e il mangime sotto la tettoia, e le reti e ogni sorta di attrezzi appesi, il tutto come aveva detto padron ’Ntoni; e la Nunziata aveva ripiantato nell’orto i broccoli ed i cavoli, con quelle braccia delicate che non si sapeva come ci fosse passata tanta tela da imbiancare, e come avesse fatti quei marmocchi grassi e rossi che la Mena si portava in collo pel vicinato, quasi li avesse messi al mondo lei, quando faceva la mamma.

Compare Mosca scrollava il capo, mentre la vedeva passare, e si voltava dall’altra parte, colle spalle grosse. — A me non mi avete creduto degno di quest’onore! — le disse alfine quando non ne potè più, col cuore più grosso delle spalle. — Io non ero degno di sentirmi dir di sì!

— No, compar Alfio! — rispose Mena la quale si sentiva spuntare le lagrime. — Per quest’anima pura che tengo sulle braccia! Non è per questo motivo. Ma io non son più da maritare.

— Perchè non siete più da maritare, comare Mena?

— No! no! — ripeteva comare Mena, che quasi piangeva. — Non me lo fate dire, compar Alfio! Non mi fate parlare! Ora se io mi maritassi, la gente tornerebbe a parlare di mia sorella Lia, giacchè nessuno oserebbe prendersela una Malavoglia, dopo quello che è successo. Voi pel primo ve ne pentireste. Lasciatemi stare, che non sono da maritare, e mettetevi il cuore in pace.